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8 agosto 2012 – Comunicato Stampa n. 73/2012: “Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni negli esercizi 2010-2011”

Nel quadro degli equilibri di finanza pubblica, la Sezione osserva come, al termine dell’e sercizio 2011, il contributo della finanza regionale alla riduzione dell’indebitamento netto della Pubblica amministrazione sia da ritenere positivo, avendo il comparto delle Amministrazioni regionali chiuso con un avanzo economico di 1.510 milioni di euro, realizzato grazie ad un contenimento dei costi per 3.686 milioni di euro, a fronte di una riduzione delle risorse complessive in entrata pari a 2.891 milioni di euro rispetto ai livelli del 2010. In tale contesto, la dinamica in crescita delle entrate di natura tributaria ha consentito di alleviare il fabbisogno di cassa delle Amministrazioni regionali, con riflessi positivi anche sul ricorso all’i ndebitamento, la cui consistenza continua a registrare ulteriori margini di rallentamento. Al termine del 2011, il contributo delle Regioni al debito complessivo del settore delle Amministrazione pubbliche risulta pari al 2,1%, mentre l’incidenza sul Pil rimane stabile al 2,6%.
Tali risultati, conseguiti in un quadro di accentuata compressione delle entrate erariali (quantificabili, sotto il profilo finanziario, in una contrazione dei trasferimenti correnti pari a 1,3 miliardi di euro ed in una perdita di risorse in conto capitale per circa 3 miliardi di euro), sono l’effetto di una stringente azione di contenimento della spesa per investimenti e di controllo della spesa per consumi e per il personale, che ha consentito di contenere la dinamica della spesa corrente (principalmente sanitaria) entro valori di incremento annuo inferiori all’ 1%. Da queste economie hanno tratto vantaggio, principalmente, i saldi del settore statale, che beneficiano della permanente riduzione dei trasferimenti alle regioni, mentre i saldi delle Regioni devono registrare, oltre al contenimento della spesa, anche le minori entrate da trasferimento da parte dello Stato.
Nell’esercizio 2011 tutte le Regioni sottoposte alla disciplina del patto di stabilità interno, seppure diversamente modulata per le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome, sono risultate adempienti.
Anche nel 2011 per le Regioni a Statuto ordinario le modalità di determinazione dell’o biettivo del patto di stabilità interno sono rimaste ancorate al controllo della spesa; peraltro si tratta di un novero di spesa piuttosto ridotto, significativo di una parte limitata della effettiva gestione finanziaria delle Regioni.
Le misure del patto per le Regioni risultano di scarsa rilevanza per via della marginalità della quota di spesa che ne è interessata a causa della diversa disciplina alla quale è sottoposta la spesa sanitaria che costituisce il maggiore intervento da parte delle Regioni. Inoltre nel 2011 la quota di spesa interessata alle misure del Patto si è discostata in maggiore grado dall’insieme della spesa “non sanitaria”, essendosi parzialmente ampliate le altre detrazioni. Un elemento rilevante al riguardo è costituito dal supporto derivante dagli interventi relativi alle politiche sociali, al trasporto pubblico locale e al recupero dell’evasione fiscale.
L’applicazione del Patto nelle Regioni a Statuto ordinario ha come di consueto prodotto maggiori difficoltà a contenere i pagamenti in quanto l’obiettivo di cassa è stato ottenuto con minore margine, tuttavia nel 2011 si registra un decremento della spesa corrente lorda di competenza. Diminuisce anche la spesa corrente netta di cassa delle Regioni a Statuto ordinario, nonostante che i pagamenti del titolo I si dimostrino in aumento.
La spesa in conto capitale si riduce in modo più drastico, per gli impegni.
Nella valutazione dei risultati delle Regioni per il 2011 deve essere anche considerato che per tale esercizio sono stati diffusamente operati da parte delle Regioni interventi per consentire maggiore erogazione di spesa nei confronti degli enti locali che sono risultati efficaci nel ridurre il livello di inadempienza e nel consentire una maggiore erogazione di spesa in conto capitale.
La normativa nazionale in materia di indebitamento regionale pone limiti sempre più stringenti a contrarre nuovo debito, in linea con il dettato costituzionale; limiti generalmente recepiti e rispettati da parte delle Regioni/Province autonome (salvo diverse modalità di computo dei predetti vincoli stabiliti con legge regionale, ad esempio da Campania e Puglia, non del tutto coerenti con le disposizioni statali in materia).
Si evidenzia, nel 2011, una generalizzata tendenza alla contrazione del debito totale (Regioni e quota a carico dello Stato), che passa da 42.600, nel 2010, a 42.200 milioni di euro, contraddistinta da una riduzione dell’incidenza del debito a carico dello Stato su quello regionale, mentre cresce la percentuale di indebitamento di Toscana, Marche, Molise, Campania, Piemonte e Lazio. Per queste ultime due, il fenomeno è degno di particolare attenzione trattandosi di Regioni che, oltre ad esporre i livelli più elevati di debito in termini assoluti (nel 2011, il Piemonte raggiunge lo stock di 7.141 milioni di euro, mentre il Lazio è a quota 11.080 milioni di euro), sono caratterizzate da una costante crescita dei valori. Il surplus di indebitamento nella Regione Lazio è dovuto all’aumento del debito sanitario che, quasi ovunque, è una passività che rimane a carico delle Regioni.
La gestione attiva del debito, mediante il ricorso agli strumenti di finanza derivata, implica determinati obblighi di trasparenza (tra cui l’allegazione in bilancio delle relative operazioni), che risultano generalmente rispettati, mentre il fenomeno presenta un andamento sostanzialmente stabile nel tempo (-0,86% nel 2011 sul 2010).
Con riferimento ai vincoli e ai limiti posti dal legislatore alle società partecipate delle Regioni/Province autonome, per effetto della disciplina a tutela della concorrenza e sul contenimento della spesa pubblica, è stata svolta un’indagine che ha permesso di censire 394 organismi e i relativi risultati economici riferiti al 2010. Il 57,6% di essi è costituito da S.p.A. e il 10,4% da S.r.l., mentre la restante parte è composta da fondazioni (7,6%), da consorzi (3%) e da altri organismi (21,3%). Di tali enti, 15 (14 S.p.A. e una Società cooperativa per azioni) sono partecipati da più Regioni e Province autonome.
L’esame dei dati pervenuti, relativamente alle S.p.A. e alle S.r.l. con qualsiasi quota detenute, ha consentito di stimare il valore complessivo delle partecipazioni, evidenziando le differenti strategie regionali nell’utilizzo degli strumenti societari, anche in rapporto alla loro capacità finanziaria. Risulta che alcune Regioni detengono valori molto elevati in partecipazioni (Province autonome di Trento e di Bolzano) anche attraverso un numero non elevato di partecipate dirette (Lombardia), mentre altre frazionano le loro partecipazioni in numerose società (Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Veneto).
Dai dati comunicati è emerso che le S.p.A. e le S.r.l. partecipate al 100%, che formano un aggregato di 75 società (58 S.p.A. e 17 S.r.l.), presentano un fatturato pari a 1.921,94 milioni di euro, occupano complessivamente 7.526 addetti e ricevono dalle Regioni, come corrispettivi e contributi in conto esercizio, 779,26 milioni di euro, evidenziando, peraltro, un risultato negativo pari a -92,60 milioni di euro.
Le attività svolte dalla galassia delle partecipate regionali sono affidate sostanzialmente in modo diretto, mentre gli affidamenti con gara rappresentano l’eccezione (19 casi su 248 censiti).
Dal lato delle entrate, le Regioni a Statuto ordinario hanno visto incrementare gli accertamenti dell’esercizio 2011 ad oltre 125 miliardi di euro (+2%) per effetto dell’incremento di 2,4 miliardi di euro di entrate tributarie, mentre le Regioni a Statuto speciale mostrano un andamento complessivo in flessione del 7,5% a seguito di una diffusa diminuzione delle entrate correnti di 1,5 miliardi di euro e di un minor accertamento di risorse in conto capitale di provenienza statale di circa 1,9 miliardi di euro rispetto al 2010. L’analisi per aree geografiche conferma, inoltre, come della crescita delle entrate delle Regioni a Statuto ordinario abbiano potuto beneficiarne soprattutto le Regioni del Sud (+10,3%), mentre quelle del Nord hanno visto ridurre le proprie risorse effettive di circa un punto e mezzo percentuale.
Si restringono velocemente, tuttavia, i margini positivi del saldo economico della parte corrente dei bilanci delle Amministrazioni regionali, che hanno permesso, sinora, di controbilanciare i disavanzi prodotti dalla componente in conto capitale. La caduta verticale della spesa per investimenti rappresenta, inoltre, ulteriore elemento sintomatico delle difficoltà conseguenti al susseguirsi di manovre correttive dei conti pubblici che incidono pesantemente sulla componente meno rigida della spesa regionale e, più in generale, sulle potenzialità di crescita e di sviluppo del territorio. Invero, la prescrizione di rigidi vincoli programmatici che si estendono in modo indifferenziato anche alla spesa in conto capitale, limita fortemente le iniziative dirette a migliorare la dotazione infrastrutturale.
Per consolidare il processo di fiscalizzazione dei trasferimenti erariali, le Regioni devono, invece, poter assolvere fattivamente la loro funzione di coordinamento e di regolazione della finanza territoriale definendo autonomamente, nel rispetto di saldi finanziari concordati a livello nazionale, i vincoli da assegnare alle istituzioni territoriali locali. Ciò restituirebbe nuovamente all’autonomia ed alla responsabilità regionale gli strumenti per potenziare la propria capacità di autofinanziamento ai fini della programmazione dello sviluppo e dell’attuazione di politiche più eque in termini di distribuzione del carico fiscale.
L’analisi dei primi tre titoli della spesa (corrente, in conto capitale e per rimborso di prestiti), anche in rapporto ai valori pro capite, è desunta dai rendiconti delle Regioni/Province autonome (ovvero dai dati provvisori forniti dalle medesime, per l’esercizio 2011), i cui valori risultano di importo uguale o superiore rispetto a quelli risultanti nel sistema SIOPE che, pur contenendo informazioni di sola cassa, consente di monitorare le più significative categorie di spesa, non sempre individuabili nei consuntivi.
Premesso, in ordine alla capacità di spesa complessiva, che resta non impegnato circa il 25% degli stanziamenti definitivi, con maggiori scostamenti per le risorse in conto capitale, si registra un andamento decrescente degli impegni della spesa delle Regioni a Statuto ordinario, nel 2011 rispetto al 2010 (-1,66%), con una flessione media, nel triennio, pari a -0,44%. La spesa corrente, che incide sul totale per oltre l’80%, fa registrare un lieve decremento (-0,37%), nel 2011 sul 2010, sensibile al Nord (-2,93%) e al Centro (-6,73%), laddove le Regioni del Sud evidenziano un andamento opposto (+11,19%), sempre più accentuato per la spesa diversa da quella sanitaria (che assorbe il 18,70% del titolo I), il che dimostra la maggiore difficoltà di contenere i costi per la sanità. La spesa in conto capitale mostra una diffusa e significativa riduzione, nel 2011 sul 2010 (-21,41%), che è speculare alla contrazione degli stanziamenti intestati al titolo II, nello stesso periodo, sia da bilancio di previsione (-7,37%), che a consuntivo (-12,23%). Un trend decrescente degli impegni si registra anche nelle Regioni a Statuto speciale monitorate.
L’andamento dei pagamenti evidenza un lieve incremento, nel 2011 sul 2010 (+0,39%), per le Regioni a Statuto ordinario. L’incremento è più accentuato per la spesa corrente (+1,48%) e, come già rilevato per gli impegni, tale variazione si declina nella maggior contrazione (–7,1%) della spesa corrente non sanitaria (il 17,58% del totale del titolo I). I pagamenti per la spesa in conto capitale presentano, nel complesso, un significativo decremento, nel 2011 rispetto all’anno precedente (-16,02%), mentre la spesa per rimborso prestiti evidenzia una sensibile espansione (+22,02%). Le Regioni a Statuto speciale monitorate manifestano valori diversificati e ciò si riflette sull’entità dei pagamenti per spesa corrente.
L’andamento della consistenza e della spesa di personale è desunto, con riferimento al triennio 2008/2010, dai dati del conto annuale (disponibili nel sistema SICO), sia nelle Regioni a Statuto ordinario che nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome (esclusa la Regione Siciliana, che non adempie all’obbligo informativo di cui all’art. 60, d.lgs. n. 165/2001), dati che non tengono conto del costo del personale impiegato negli organismi partecipati dalle Regioni.
In merito alla consistenza media, le Regioni ordinarie mostrano una variazione in diminuzione (-3,09%), con risultati eterogenei tra le aree geografiche (+ 1,82%, al Nord, -1,27% al Centro, e -7,65% nel Sud), che appaiono fortemente ridimensionati se valutati contestualmente all’elevato stock di risorse umane nel Meridione, ovvero rapportando le unità annue, nel 2010, alla popolazione in età lavorativa rilevata al 31 dicembre del medesimo anno (con il risultato che tutte le Regioni meridionali superano il valore medio nazionale). Questi valori assoluti rendono meno significativo il rapporto di incidenza tra personale dirigente e non dirigente, secondo cui un dirigente, nel Sud, coordina ben oltre i 16 dipendenti che rappresentano la media nazionale.
La crescita della spesa totale, per il personale dirigente e non dirigente, è solo parzialmente giustificata dall’aumento della consistenza media delle stesse categorie di personale. Ne deriva che la spesa totale cresce di +5,31% per le Regioni del Nord (a fronte del richiamato aumento delle unità annue di +1,82%), aumenta di +1,13% per le Regioni del Centro (ove le unità annue flettono di -1,27%), per attestarsi soltanto a -0,18% nelle Regioni del Sud (nonostante la diminuzione della consistenza di personale di -7,65%). La variazione è di gran lunga più elevata con riferimento al personale dirigente, in quanto i maggiori aumenti della spesa media sono associati a una più elevata flessione della consistenza media, dimostrando la tendenza, diffusa, a ripartire le risorse destinate al trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti in servizio.
Le risorse impegnate nel 2011 per la sanità, sulla base dei dati di rendiconto comunicati dalle Regioni, costituiscono il 74,5% della spesa corrente complessiva. Il complesso sistema di monitoraggio della spesa sanitaria, basato sulla concertazione triennale delle risorse da destinare al SSN e sulla verifica periodica dei risultati della gestione, con l’obbligo di sottoscrivere specifici Piani di rientro in caso di deficit eccessivi, si è dimostrato efficace nel moderare la crescita della spesa, che passa da un incremento annuo medio del 6% nel periodo 2000/2007, al 2,4% nel quadriennio 2008/2011. Nel 2011, in particolare, per la prima volta da anni, la spesa complessiva, pari a circa 112 miliardi, decresce dello 0,6% rispetto all’anno precedente, e si riduce anche l’incidenza sul PIL, che passa dal 7,3% del 2010 al 7,1%. Esempio efficace di spending review sono i monitoraggi di verifica dell’attuazione dei Piani di rientro in corso nelle Regioni con sistemi sanitari in deficit strutturale (nel 2011, Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) che, nel triennio 2009/2011, hanno consentito di ridurre di circa il 60% i disavanzi di gestione. I risultati della verifica, relativa al 2010, della qualità dei servizi erogati per il soddisfacimento dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse, indicano che le Regioni inadempienti coincidono con quelle che hanno accumulato maggiori deficit.
Dall’analisi dei dati di conto economico comunicati al Nuovo Sistema Informativo Sanitario (CE IV trimestre), nel 2011, a livello nazionale si registra un disavanzo di 1,35 miliardi, che si riduce del 38,7% rispetto al 2010. La maggior parte del disavanzo è imputabile alle Regioni in piano di rientro, che però, sono anche quelle che nell’ultimo anno continuano a migliorare il proprio risultato. Il trend resta confermato anche con l’applicazione, dal 2011, del più rigoroso criterio che considera tra i costi anche gli ammortamenti non sterilizzati, con il quale il disavanzo complessivo sale 1,78 miliardi. Dopo le rettifiche operate in sede di verifica dal Tavolo tecnico, e l’individuazione delle necessarie coperture, solo le Regioni Campania, Molise e Calabria non riescono a trovare completa copertura del deficit. Tra le Regioni a Statuto speciale non soggette a Piano di rientro, anche la Sardegna risulta in disavanzo.
Analizzando la spesa corrente sanitaria per categorie economiche secondo i dati anzi detti (CE IV trimestre 2011), le voci di costo che nel 2011 mostrano la maggiore incidenza sul totale sono: costi per il personale (32,2%), costi per l’acquisto di beni e servizi (31,3%) e spesa farmaceutica convenzionata (8,8%). Il costo del personale rispetto al 2010 si riduce dell’1,43%, mentre i costi per acquisto di beni e servizi salgono del 2,8%. Consistente la riduzione della spesa farmaceutica convenzionata, che flette del 9%. La spesa farmaceutica ospedaliera, invece, evidenzia dinamiche di crescita significative, oltre il tetto di spesa previsto del 2,4% del Fondo Sanitario Nazionale.
La relazione esamina anche il fenomeno dell’indebitamento degli enti del servizio sanitario, come desumibile dagli stati patrimoniali consolidati a livello regionale. Si riscontrano, peraltro, criticità nella qualità dei dati contenuti negli stati patrimoniali, anche se in corso di miglioramento. Con questa cautela nell’interpretazione delle informazioni, si rileva che la voce di debito più consistente è quella relativa ai fornitori: 35,6 miliardi nel 2010, pari al 67% circa dell’intera massa debitoria degli enti sanitari.
La gestione di cassa degli enti del servizio sanitario viene rilevata attraverso il Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici (SIOPE), che dal 2011 raccoglie anche le informazioni relative alle Agenzie sanitarie regionali. I dati possono subire aggiustamenti in ragione delle partite ancora non regolarizzate. Le riscossioni totali, al netto delle anticipazioni di tesoreria, sono state pari a 119,8 miliardi di euro nel 2009, 117,7 miliardi nel 2010, 119,9 miliardi nel 2011. Le entrate correnti nette (entrate correnti al netto dei movimenti imputabili esclusivamente all’interno del sistema Regioni) assommano a 106,3 miliardi di euro nel 2011, con un peso sul totale delle entrate nette pari al 98,2%. Prosegue l’andamento in diminuzione delle entrate in conto capitale, che nel 2011 ammontano a poco meno di 1,7 miliardi di euro, pari all’1 ,4% delle riscossioni totali.
Sul versante dei pagamenti, al netto di pagamenti per anticipazioni di cassa, si registrano uscite complessive per 120,3 miliardi di euro nel 2009, 119 miliardi nel 2010, e 119,5 miliardi nel 2011. I pagamenti di parte corrente al netto dei movimenti imputabili esclusivamente all’interno del sistema Regioni, rappresentano oltre il 97% del totale dei pagamenti netti. Nel triennio mostrano un costante ma moderato incremento: 107 miliardi di euro nel 2009, 107,5 miliardi di euro nel 2010 (+0,44%), 108 miliardi nel 2011 (+0,49%). La maggior voce di spesa corrente è costituita dagli acquisti di servizi, seguita dalla spesa per il personale e dalla spesa per acquisto di beni. I pagamenti in conto capitale ammontano nel 2011 a 2,8 miliardi di euro, pari al 2,37% del totale dei pagamenti, e con un decremento complessivo dell’11,7% rispetto al 2009.

Corte dei conti
Ufficio Stampa