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Sanità: Confindustria, nel 2010 la spesa privata è stata pari a 30,3 miliardi

Va superata la stagione delle “manutenzioni” precarie al Ssn e di tagli ai privati e “aprire un  confronto operativo per dare stabilità, sostenibilità e prospettiva al settore sanitario in una logica industriale incentrata sulla  qualità delle prestazioni e dei servizi”. E’ questa, in sintesi, la richiesta prospettata da Confindustria nel corso di una audizione tenutasi il 16 settembre davanti alle  Commissioni Bilancio e Affari sociali della Camera.
“Un primo banco di prova, soprattutto per quanto riguarda il tema delle risorse, sarà già l’ormai imminente legge di stabilità, con la quale Governo e Parlamento dovranno dare un segnale di forte discontinuità rispetto al metodo seguito in passato e fornire un orientamento chiaro sul percorso da seguire in futuro”, spiega il direttore generale di viale dell’Astronomia, Marcella Panucci  affrontando uno dei capitoli più spinosi, la pressione fiscale sulle imprese e i costi della sanità pubblica che sono chiamate a sopportare.
“Le imprese sono gravate a livello regionale dall’Irap, con una proliferazione di addizionali Irap, che negli ultimi anni è diventata un fenomeno molto pesante, per non dire insopportabile, presente nelle numerose Regioni sottoposte a piani di rientro. Sempre a livello regionale, l’aumento esponenziale delle addizionali Irpef ha inciso negativamente sul rilancio dei consumi e, quindi, in via indiretta  anche sulle imprese”, dice Panucci.
Inoltre – secondo la Panucci – i mancati pagamenti delle aziende sanitarie alle imprese fornitrici, il cui ammontare supera i 2 punti di Pil, sono una forma di finanziamento occulta del Sistema Sanitario Nazionale. Un sistema la cui universalità è a rischio perché il pubblico non ne sostiene più la spesa”. “Nel 2010 la spesa privata italiana è risultata pari a 30,3 miliardi di euro, ovvero il 20% della spesa sanitaria totale”, livello al quale andrebbe ragionevolmente aggiunta una quota significativa di spesa sanitaria “sommersa”. Un aspetto importante, che differenzia l’Italia da altri paesi europei, riguarda le modalità di pagamento. “La vera differenza sta nel fatto che una quota largamente preponderante di tale spesa, oltre l’87%, è cash, e dunque soggetta ad evasione, ha spiegato durante l’audizione il direttore Panucci, mentre in altri paesi è intermediata da agenti collettivi, siano essi assicurazioni private, organismi non profit, mutue o altro”. Per questo, secondo Confindustria, per migliorare la situazione economica del Servizio sanitario nazionale, alla luce del fatto che il suo peso sul Pil crescerà nei prossimi 40 anni, 1,8%, e contemporaneamente ridurre la percentuale di sommerso, bisognerebbe investire in strumenti come i fondi sanitari, consentendo a chi li sceglie, di dedurne una percentuale nella dichiarazione dei redditi.