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Decreto Legge 174: Parere Regioni in Conferenza Unificata 25 ottobre

Punto 3) O.d.g. Conferenza Unificata

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome condivide la necessità dei controlli della Corte dei Conti sugli atti ad oggi esclusi dalla sua attività, tra cui le spese riferite alle attività dei gruppi consiliari, come peraltro richiesto dalle Regioni stesse nel documento dello scorso 27 settembre, garantendo così la piena trasparenza. Al contrario, la Conferenza ritiene che l’articolo 1 del Decreto Legge, così come formulato, rischi di provocare una situazione di paralisi dell’attività di governo delle Regioni ed un ulteriore rallentamento dei pagamenti relativi ai servizi erogati, come già si sta constatando nei primi giorni di applicazione del Decreto.

La Conferenza ribadisce pertanto la necessità di garantire la trasparenza dell’attività regionale non disgiunta però dalla regolare ed efficiente attività istituzionale e chiede quindi un incontro urgente con il Governo per conoscerne gli intendimenti e condividere una posizione comune nei confronti del Parlamento, in vista di eventuali modifiche al testo del Decreto in sede di conversione.

In considerazione di quanto premesso, la Conferenza propone la soppressione dei commi dal 2 al 9 dell’articolo 1 e nel contempo evidenzia le seguenti criticità applicative.

Il contenuto degli articoli 1 e 2 incide sull’organizzazione politica e amministrativa delle Regioni: il primo rafforzando il controllo sulla gestione finanziaria da parte della Corte dei Conti, il secondo prevedendo norme direttamente orientate alla “riduzione dei costi della politica nelle Regioni”.

Entrambe le disposizioni contengono norme estremamente articolate ed entrambe poggiano su presupposti costituzionali di estrema delicatezza: il sistema dei controlli, qui disciplinato, si articola in una vasta serie di modalità e procedure che vanno dalla previsione di un controllo preventivo pressoché generalizzato sugli atti della Regione, a modalità di controllo sulla gestione finanziaria, che lungi dall’essere riconducibili nell’ambito dei controlli successivi sulla gestione finiscono per incidere sulla stessa potestà normativa delle Regioni. Il riferimento, è in particolare, ma non solo al comma 6 dell’articolo 1 che interpone – ai fini della valutazione di attendibilità dei bilanci di previsione proposti dalle giunte regionali – una pronuncia specifica della sezione di controllo sulla stessa proposta della giunta al proprio consiglio regionale.

L’articolo 2, a sua volta è impostato su un sistema duale di sanzioni: 
‐ il primo, previsto dal comma 1, intende sanzionare con la drastica riduzione di trasferimenti statali il mancato adempimento di una serie di previsioni imposte quali meccanismi riduttivi dei costi, entro la prevista data del 30 novembre 2012, ovvero entro i 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge qualora siano necessari adeguamenti statutari;

‐ il secondo, previsto nel comma 1 del medesimo articolo , censura con la gravissima sanzione dello scioglimento del Consiglio e della rimozione del Presidente , quelle Regioni che sempre nei termini indicati non abbiano disposto gli adempimenti previsti.

In specifico, sull’articolo 1 (rafforzamento della partecipazione della Corte dei Conti alcontrollo sulla gestione finanziaria degli Enti territoriali), per punti salienti.

Per fornire una prima rappresentazione dello scarto esistente fra il contenuto del documento approvato il 27 settembre 2012 dalla Conferenza, documento che effettivamente chiedeva un intervento in via di urgenza del Governo su alcuni parametri particolarmente rilevanti sotto il profilo dei costi della politica e il testo delle norme emanate in via d’urgenza, appare immediatamente evidente che in luogo della mera sottoposizione al “Controllo alla Corte dei Conti … garantendo la piena trasparenza ….” della spesa dei gruppi consiliari, è introdotta una serie analitica di tipologie di controllo, estremamente più incisive (non solo rispetto a quanto chiesto dalla Conferenza ma anche) rispetto all’ordinamento vigente.

1) Il primo problema è costituito dai controlli preventivi di legittimità di cui al comma 2 dell’articolo Nonostante una giurisprudenza costituzionale che ha via via legittimato interventi sempre più incisivi della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria delle Regioni, non vi è dubbio che i controlli preventivi di legittimità non siano attualmente contemplati dall’articolo 100 della Costituzione.

La questione non è solo teorica, né si tratta di astratta rivendicazione di competenze. Vi sono insieme a questi problemi, rilevantissime criticità anche applicative sia nella individuazione degli atti da sottoporre a controllo sia sulla procedura che viene mutuata direttamente dalla procedura in atto sugli atti del Governo. Il rischio concreto è che si determini semplicemente un blocco nell’attività decisionale senza che vi sia in concreto un reale miglioramento del contento degli atti. Per non dire della stessa tenuta organizzativa delle sezioni regionali (preoccupazione testimoniata dal fatto che lo stesso decreto all’articolo 7 prevede l’utilizzazione di personale della sezione giurisdizionale, con non insignificanti rischi sulla commistione fra la funzione di controllo e giurisdizionale.

2) Il secondo problema è determinato dalla previsione del comma 6 che introduce un controllo sulla deliberazione di Giunta, di incerta collocazione giuridica, di proposta dei bilanci di previsione. Qui la norma è a presidio “… della salvaguardia degli equilibri di bilancio, di rispetto del Patto di stabilità interno e di sostenibilità all’indebitamento”. Anche a non voler considerare l’estrema delicatezza dell’interposizione di una tale verifica, all’interno di un procedimento legislativo che viene “deviato” rispetto alla sua struttura costituzionale, non vi è dubbio che questo corra il rischio di tradursi in una sorta di controllo surrettizio sulle dinamiche politiche Giunte – Assemblee. Il dubbio è se non si possano conseguire questi stessi obiettivi rafforzando i meccanismi di controllo sulla gestione, gli stessi meccanismi di controllo interno già praticati, magari ulteriormente sviluppando quelle forme dicontrollo collaborativo che l’ordinamento già conosce e che sono state introdotte e disciplinate già con l’articolo 7 della Legge 131/2003.

3) Non meno problematica, e anch’essa di dubbia legittimità, è la verifica con cadenza semestrale, della legittimità e regolarità delle gestioni ai fini del rispetto delle regole contabili e del pareggio di bilancio di ciascuna Regione. Qui, la previsione fa perno su un nuovo adempimento previsto in capo al Presidente della Regione, che deve trasmettere un referto sulla regolarità della gestione alla sezione di controllo, attivando un’ulteriore serie di controlli da parte della stessa sezione che (cosi testualmente previsto) può avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza per le verifiche e gli accertamenti richiesti. l’utilizzo della Guardia di Finanza per l’esercizio dei controlli preventivi con le stesse procedure previste per l’individuazione di potenziali evasori fiscali costituisce un vulnus inaccettabile nelle relazioni istituzionali. A corollario di tale previsione, sono previste verifiche ispettive da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica, con la conseguenza della previsione di “….irrogazione agli amministratori responsabili …. da parte delle sezioni giurisdizionali della condanna ad una sanzione pecuniaria pari a un minimo di 5 fino a un massimo di 20 volte della retribuzione dovuta al momento della commissione della violazione.

4) Sui controlli dei rendiconti dei gruppi assembleari e delle stesse Assemblee legislative è prevista una procedura di controllo a sua volta di dubbia qualificazione giuridica traendo la sua origine parte dalla tipologia del controllo preventivo e parte dalla tipologia del controllo successivo. Tecnicamente esso è comunque in grado di incidere sulla stessa decisione di riparto delle somme da parte del Presidente del Gruppo i componenti del gruppo stesso qualora le irregolarità rilevate dalla sezione della Corte di controllo non siano sanate nei 10 giorni dalla segnalazione. Anche qui la sanzione è di nuova introduzione: si tratta della “… decadenza del diritto all’erogazione nell’anno in corso di risorse da parte dell’Assemblea. La decadenza .. . comporta l’obbligo di restituire le somme ricevute”.

In specifico, sull’articolo 2 ), per punti salienti.

Nell’impostazione generale della norma già illustrata in premessa, spicca la rilevanza della sanzione prevista per l’inadempimento da parte delle Regioni nei termini stabiliti degli obblighi previsti. Qui la sanzione è la più grave fra quelle previste dall’ordinamento stante che essa consiste nello sciogli8mento del Consiglio regionale e rimozione del Presidente, quali conseguenza delle gravi violazioni di legge previste dall’articolo 126 . E’ noto che tale strumento è previsto dall’ordinamento in un’ottica di straordinarietà estrema, quale rimedio da utilizzare a tutela dell’unità giuridica della Nazione ed è destinata a sanzionare comportamenti gravissimi e intenzionali degli organi regionali per fatti altrettanto gravi compiti nell’esercizio delle funzioni proprie del ruolo istituzionale. Questi motivi indussero le Regioni a porre la questione di legittimità costituzionale contro il Decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 149 “meccanismi sanzionatori” riferiti al deficit sanitario. La questione è pendente innanzi alla Corte che nei giorni scorsi ne ha (opportunamente) rinviato la discussione.

L’elenco degli adempimenti comprende, fra gli altri:

‐ l’adeguamento statutario, ove necessario, entro 6 mesi dall’emanazione del Decreto legge, degli statuti regionali laddove il numero dei Consiglieri e degli assessori sia da riparametrare;

‐ la definizione dell’indennità di funzione di carica dei consiglieri e degli assessori ragguardata alla Regione più virtuosa;

‐ la previsione del divieto di cumulo di indennità e di emolumenti di Presidenti di Regione, di Presidenti di Consiglio regionale, di Assessore, di Consigliere regionale;

‐ la riduzione parametrata alla metà di quanto previsto dalla Regione più virtuosa dei contributi in favore dei gruppi consiliari

‐ la piena applicazione di alcune delle norme del Decreto legge 95 (c.d. spending review) sul sistema delle partecipazione societarie e sulla riduzione generalizzate degli Enti e delle agenzie regionali

A parte devono essere considerati i non irrilevanti effetti che possono discendere dal mancato adeguamento a quanto previsto nello stesso articolo 2 al comma 2 con riferimento ai trattamenti pensionistici e ai vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di Presidente di Regione, Assessore regionale, Consigliere regionale. Questo problema è statoparticolarmente sottolineato dalla Conferenza delle Assemblee legislative.

Infine non si può trascurare l’effetto della farraginosità dei controlli sulle procedure e conseguentemente sui tempi di pagamento della Pubblica amministrazione.

Proposte di emendamenti

Emendamento all’articolo 1

I commi dal 2 al 9 sono soppressi.

Motivazione:

Il documento approvato il 27 settembre 2012 dalla Conferenza, chiedeva un intervento in via di urgenza del Governo su alcuni parametri particolarmente rilevanti sotto il profilo dei costi della politica e il testo delle norme emanate in via d’urgenza, appare immediatamente evidente che in luogo della mera sottoposizione al “Controllo alla Corte dei Conti … garantendo la piena trasparenza ….” della spesa dei gruppi consiliari, è introdotta una serie analitica di tipologie di controllo, estremamente più incisive (non solo rispetto a quanto chiesto dalla Conferenza ma anche) rispetto all’ordinamento vigente.

Emendamento all’articolo 4

All’articolo 4 aggiungere il seguente comma 7: “Le Regioni possono accedere al fondo di rotazione di cui al comma 1”. Emendamento all’articolo 9 (IPT) All’articolo 9, il comma 2 è così riformulato:

1. A decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2013, l’imposta provinciale di trascrizione di cui all’articolo 56 del 15 dicembre 1997, n. 446 assume la natura di tributo erariale.

2. Ai fini della determinazione dell’imposta si fa riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 12 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni in legge 14 settembre 2011, n. 148.

3. Al fine di assicurare l’invarianza complessiva delle risorse, alle minori entrate derivanti dalle disposizioni contenute nel presente articolo si fa fronte mediante la contestuale attribuzione di maggiori risorse a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.

Motivazione:

L’emendamento dispone, a decorrere dal 2013, che l’imposta provinciale di trascrizione assuma la natura di tributo erariale. Tale scelta discende dall’esigenza di mitigare le conseguenze negative delle politiche di dumping fiscale adottate dalle Province Autonome di Trento e Bolzano che, non adeguando la propria legislazione alle disposizioni contenute nell’art. 1, comma 12 del D.L. 138-2011, hanno determinato la migrazione del parco auto delle Società di leasing e di noleggio verso questi territori, con ricadute negative per le altre Amministrazioni Regionali e Provinciali in termini di perdita di gettito relativo, rispettivamente, alla tassa automobilistica e all’imposta provinciale di trascrizione.

L’eccessiva mobilità della base imponibile qualifica questa forma di imposizione come non governabile a livello locale: le Province Autonome di Trento e Bolzano, presso le quali le società di leasing e di noleggio collocano la propria sede legale o operativa, beneficiano del maggiore gettito della tassa automobilistica e all’imposta provinciale di trascrizione; le altre Regioni, nel cui territorio continua a circolare il parco veicolare di tali società, subiscono le relative esternalità negative in termini di inquinamento ambientale e di congestione del traffico. Proprio in tale direzione, l’emendamento, riportando il tributo sotto l’egida erariale, ne dispone l’applicazione sulla base di un’unica misura all’interno dell’intero territorio nazionale.