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La contenzione fisica in psichiatria e in altri contesti: spunti di etica per una valutazione

ISS 24/12/2013  aggiornato il 30/12/2013

La contenzione fisica ha origini prevalentemente in ambito psichiatrico, ma si pone anche in neurologia, in geriatria, e in altri contesti clinici e assistenziali. Il tema è attualmente molto sentito, anche dalle istituzioni (legislative, giudiziarie, sanitarie), in relazione alla chiusura, entro il 1° aprile 2014, degli ospedali psichiatrici giudiziari e all’attivazione di programmi regionali per affidare ai dipartimenti di salute mentale la presa in carico dei soggetti, detenuti e internati, affetti da disturbi mentali. Pur con le diversità che derivano dai differenti contesti in cui la contenzione è applicata, occorre distinguere due aspetti:

1) il problema dell’abuso (ovviamente illegittimo sotto i profili sia etico, sia giuridico); 
2) i requisiti per un eventuale utilizzo legittimo (sotto i vari profili: clinico, etico, giuridico).

Nell’articolo Ethical considerations for evaluating the issue of physical restraint in psychiatry, pubblicato negli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, Carlo Petrini (responsabile dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica) accenna brevemente al primo aspetto e prende in considerazione il secondo aspetto.

L’autore propone un quadro di riferimento dei valori di etica che dovrebbero essere considerati dagli esperti (decisori, professionisti sanitari, etc.) chiamati a prendere, ciascuno nel proprio ambito, decisioni operative. Non sono quindi proposte regole procedurali tecniche, bensì criteri decisionali. L’argomento è affrontato facendo riferimento principalmente a due tipologie di argomentazioni. La prima considera documenti emanati da autorevoli istituzioni nazionali e internazionali (codici deontologici, linee guida, etc.), con particolare riferimento al Consiglio d’Europa. La seconda considera il quadro teorico dei valori o principi di etica. Ovviamente le due tipologie sono ampiamente intersecate, poiché i documenti necessariamente fanno riferimento ai valori. Tuttavia, è possibile che sorgano conflitti tra la deontologia e i regolamenti: di conseguenza, coloro che devono decidere si trovano talvolta in gravi difficoltà, anche per motivi di coscienza.

L’autore prende spunto dal classico modello dei principi della bioetica nordamericana (autonomia, beneficialità / non maleficenza, giustizia) ed evidenzia i conflitti tra valori che possono determinarsi: per esempio, la libertà (che fa riferimento al principio di autonomia e che si esplicita nel consenso informato) può confliggere con gli scopi terapeutici (beneficialità) ed anche con il dovere di proteggere dai rischi per il paziente stesso o per l’incolumità altrui (giustizia). Su questa base, l’autore propone alcuni criteri per giudicare l’eventuale ammissibilità della contenzione, tenendo presente che la contenzione è un atto gravemente lesivo della dignità della persona e che vi sono opinioni convergenti nel ritenere che essa non abbia alcun valore terapeutico. Essa è dunque una pratica ammissibile soltanto in condizioni estreme, quando non siano praticabili alternative meno lesive della persona. 

Tra i criteri proposti vi sono: priorità alle alternative meno traumatizzanti, esame caso per caso, proporzionalità, valutazione di pericolo grave, limite temporale, informazione. Tutto ciò deve attuarsi sempre nella prospettiva del migliore interesse per il paziente, che è un imperativo deontologico. 

Bibliografia: Petrini C. Ethical considerations for evaluating the issue of physical restraint in psychiatry. Annali dell’Istituto Superiore di Sanità 2013;49 (3):281-85.