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Residenze Sanitarie Assistenziali: urgente un intervento politico

Lo stato di bisogno dell’anziano come condizione di non autosufficienza, “esigenza di bilancio ed effettività dei diritti fondamentali” tra prassi-teoria e teoria-prassi.

Pubblichiamo l’articolo inviato dal nostro associato Vincenzo Latini della Struttura Santa Rufina di Rieti, a firma della dott.ssa Gianina Zurca.

Articolo Pianeta Salute Giugno 2016

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità
ha da tempo chiarito che la salute non
va più considerata semplicemente
come assenza di malattia, ma è da intendersi più
correttamente come un stato di benessere complessivo
(a livello fisico, psicologico e sociale).
L’Italia si colloca ai primi posti fra i paesi con il
più alto tasso di popolazione anziana e fra non
molto occuperà il primo posto nella graduatoria
delle nazioni per densità di anziani ultrasettantacinquenni,
ad oggi pari al 17% sul totale degli
abitanti. Quest’evento epocale mette in discussione
i “farraginosi” culturali e le politiche previdenziali
e assistenziali fino ad oggi vigenti, comportando
notevoli trasformazioni sia sul piano organizzativo,
individuale e collettivo, sia su quello
economico e sociale, relativo ciò all’aumento del
numero dei non lavoratori e al mancato ricambio
generazionale.
Lo stato di bisogno dell’anziano come condizione
di non autosufficienza, “esigenza di
bilancio ed effettività dei diritti fondamentali”
tra prassi-teoria e teoria-prassi.
La condizione dell’anziano è oggetto di particolare
attenzione nella legge 328/2000” Legge
quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali”. Ad essa sono dedicate
specifiche disposizioni dotate di sicura rilevanza:
esse sono l’art.15, l’art.16, comma 3, lett.
d) ed e), l’art.22, comma 2, lett.g).
Cito l’art. 6, comma 4 legge 328 “Per i soggetti
per i quali si renda necessario il ricovero
stabile presso strutture residenziali, il comune
nel quale essi hanno la residenza prima di ricovero,
previamente informato, assume gli obblighi
connessi all’eventuale integrazione economica”.
Dunque, la legge esiste e tutela tutti, specialmente
chi soffre, il malato, l’anziano e il marginalizzato,
in un’ottica lungimirante e lucida. L’azione
solidaristica sia pubblica che privata viene considerata
un valore e i comportamenti ad essa correlati
godono di una legittimazione sociale ampia
e crescente.
Le politiche sociali sono fondamentali in una
società sia per rimuovere gli ostacoli che una
persona incontra nel corso della sua vita, sia per
promuovere e prevenire il benessere della cittadinanza
e non ultimo aspetto serve per sapere organizzare
e gestire le risorse territoriali. Secondo
una ricerca, a modificare in maniera rilevante la
normativa è il nuovo sistema di calcolo dell’ISEE,
che include nel reddito tutti i famigliari andi
che non conviventi provocando effetti negativi,
infatti le famiglie sono obbligate a contribuire
al pagamento della rette o a riportare l’anziano
non autosufficiente a casa, perché in molti casi
il Comune di residenza dell’ anziano ricoverato
– Servizio Politiche sociali comunica: ”la decisione
di interrompere il versamento diretto della di
competenza – integrazione della retta di ricovero-
alle strutture, con decisione di corrispondere
(l’esiguo) contributo direttamente agli anziani”.
In questo contesto il Comune con le sue scelte di
indirizzo, diventa un vero banco di prova delle
esigenze di bilancio.
Sulla base delle indicazioni contenute nel piano
di zona (legge 328/2000), quale strumento di
programmazione locale della organizzazione e
della gestione del servizio, risulta cruciale il ruolo
del Comune. Questa rappresenta, anche in linea
con il principio di sussidiarietà verticale, l’ente
pubblico competente ad attuare l’intervento di
sostegno alla persona vecchia e alla sua famiglia.
D’altra parte è l’art. 6 legge n.328/2000 ad
attribuire al Comune un ruolo determinante nella
costruzione del sistema integrato, tant’è vero che
la norma lo candida ad essere l’ente di governo
chiamato ad erogare la prestazione socio-assistenziale.
È il Comune, in altri termini, a erogare
le prestazioni sociali, perché essendo il livello di
governo più prossimo, è più idoneo a valutare in
concreto, la realtà particolare del proprio territorio.
Nel corso degli ultimi anni, sono stati numerosi
i tagli all’assistenza agli anziani ospiti delle
Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) i più
bisognosi di cure mediche e sociale, dove la figura
del medico, dell’infermiera, OSS, terapista
occupazionale, fisioterapista, volontariato, parroco,
famiglie, assistente sociale, amministrazione
e tutti gli altri operatori sono importantissime per
creare il bene comune, l’ efficacia e l’efficienza.
Insomma un concetto particolare di salute riletta
con le parole di Illich come:” Una risposta autonoma
e vitale ad una realtà vissuta … una capacità
di adattarsi al mutare degli ambienti, di crescere
e d’invecchiare” .
La caratteristica di queste Strutture
Assistenziali Sanitarie, è un’accentuata componente
sanitaria, posto che accolgono soggetti non
autosufficienti che necessitano di cure mediche
e di assistenza sanitaria costanti. Per questa ragione,
oltre le prestazioni strettamente sociali,
tesaeper lo più a favorire l’inserimento sociale e
le esperienze di socializzazione, attraverso la permanenza
stabile nella struttura e dunque tramite il
supporto garantito da personale specializzato, le
RSA mettono a disposizione delle persone una
vasta gamma di attività tipicamente riconducibili
all’ assistenza medica, infermieristica, etc.
Si evidenzia che per le Residenze Sanitarie
Assistenziali, questa determinazione concerne
servizi essenziali, compresi nei Livelli
Essenziali Assistenziali, erogati dalle (RSA)-
Residenze Sanitarie Assistenziali in regime
di Accreditamento con il Sistema Sanitario
Nazionale (S.S.N), e che per accedere alle
Strutture residenziali sanitarie ci vuole la valutazione
del paziente da parte di un equipe multidisciplinare
formata da diverse figure professionali
dell’Azienda Sanitaria Locale, dunque
uno dei requisiti più importanti è la richiesta
da parte del “malato” (con l’aiuto del medico
di base) all’Azienda Sanitaria Locale con successiva
valutazione dell’equipe multidisciplinare.
È di fondamentale importanza precisare
che l’assistenza agli anziani non autosufficienti
ha un costo elevato se ben fatta e portata avanti
in strutture accreditate, perché prevede la presenza
di diversi operatori e rappresenta anche
una risorsa per la Comunità, perché i ricoveri
impropri negli ospedali hanno costi superiori
a quelli di una RSA. I costi si abbassano se
si decide di rivolgersi a strutture non autorizzate,
un esempio, il ruolo delle Case-Famiglia
che non sono strutture residenziali controllate
dalla ASL o dal Comune, ma abitazioni senza
obbligo di comunicare l’inizio dell’attività. Le
Case-famiglia non dovrebbero ospitare persone
non autosufficienti. Attualmente le Residenze
Sanitarie Assistenziali si trovano in emergenza
e speriamo che non diventi una crisi: è difficilissimo
gestire il profilo finanziario da tutti punti
di vista, mancano i pazienti o vengono portati a
casa in condizioni critiche, famiglie che non pagano,
comuni che delegano la loro competenza
e gli operatori (che alla fine del mese devono
ricevere lo stipendio), da oltre 13 anni non vedono
aggiornate le retribuzioni, mentre nello stesso
periodo si sono susseguiti tre rinnovi contrattuali
dei dipendenti: il risultato è che le RSA si
trovano a rischio chiusura.
La storia ci insegna a riflettere su quanto sia
stato lungo ma inesorabile il cammino verso la
prospettiva del bene: per primo arrivò il diritto
alla libertà (diritto di prima generazione), poi i diritti
politici (diritti di seconda generazione), infine
i diritti sociali (diritti della terza generazione).
Tutti ci dobbiamo impegnare come una ”montagna
di pietre” nel sostenerci a vicenda, grazie alla
solidarietà, uguaglianza, dialogo sociale e alla
partecipazione come insieme di risorse abbinato
all’identità, al capitale sociale e alla cittadinanza
attiva.
Mi sorge una serie di domande: se i Comuni
non pagheranno le quote, se le famiglie per motivi
economici non riescono a sostenere la loro parte,
che succederà ai “nostri vecchi”? Chi pagherà gli
stipendi agli operatori? Che succederà alle politiche
socio sanitarie? chi appoggerà l’imprenditore
senza risorse pieno di debiti, lasciato solo con i
suoi problemi? Non si può sfuggire davanti alle
difficoltà, non si può non assumere responsabilità
davanti alla collettività, c’è necessità di una cre-
La domanda è volutamente retorica e la mia
risposta ovviamente negativa: alla drastica
definizione di Terenzio avevano già replicato
Cicerone e Seneca e credo che il compito attuale
sia fondamentalmente quello di consentire
all’anziano non solo vita dignitosa ma, e forse
soprattutto, costruirne un ruolo attivo e per tanti
versi insostituibile nella società, a prescindere da
considerazioni economiche
sulla Previdenza sociale e sui flussi generazionali
che la sostengono. E’ certamente vero che
l’incremento della aspettativa di vita pone anche
problematiche di carattere medico (insorgenza di
patologie degenerative) ma è altrettanto vero che la
persona anziana, in un sistema che inevitabilmente
prevede un pensionamento sempre più avanti
nell’arco temporale della vita, può e deve
rappresentare una risorsa familiare, in primis per
l’assistenza ai minori. C’è poi l’aspetto psicologico
legato ad un livellamento prestazionale che può far
emergere nell’animo competenze prima inespresse
per motivi di confronto, dando “vita agli anni”.
Ho apprezzato l’articolo della Dott.ssa Zurca che
ha stimolato questo mio intervento: dai tempi della
mia esperienza di Ministro della Famiglia vedo con
piacere che molte cose stanno cambiando, in termini
di consapevolezza, competenza, lucidità nella
identificazione dei problemi e programmazione
degli interventi, anche se il problema di fondo,
di natura economica, resta drammaticamente
prioritario. Parlando di anziani disabili
(ma il discorso vale per qualsiasi disabilità)
l’assistenza domestica, laddove possibile, resta
ovviamente preferibile, ma è assolutamente
essenziale poter disporre di una rete di strutture
ricettive esterne alla famiglia, che fortunatamente
esistono, ma che vengono messe in crisi profonda
per assenza di aspetti normativi, paradossalmente a
valle di leggi esistenti: faccio quindi mia la pacata
ma ferma posizione della Dott.ssa Zurca perché il
problema-anziani, in tutte le sue sfaccettature, si
possa trasformare in una opportunità importante
per il nostro Paese.
Sul tema e su quello dello scorrere del tempo per la
persona disabile avremo modo di parlare presto su
questa Rivista.
scita intelligente, sostenibile, inclusiva, di coesione
e coerenza.
Le residenze sanitarie si trovano in difficoltà
c’è bisogno di un cambiamento legislativo a livello
nazionale, di un partenariato economico,
sociale e politico.
Le raccomandazioni 2006/962/CE del
Parlamento e del Consiglio del 18 dicembre
2006, relative a competenze- chiave per l’apprendimento
permanente, prevede anche “Senso
di iniziativa e di imprenditorialità”, il che significa
saper tradurre le idee in azione. In ciò rientrano
la creatività, l’innovazione e l’assunzione
di rischi, come anche la capacità di pianificare e
di gestire progetti per raggiungere obiettivi, in altre
parole capacità, competenza ed esperienza ad
affrontare questa situazione di emergenza prima
che diventi “crisi della persona vecchia” e che
finisca per influenzare negativamente il benessere
psico-somatico e sociale anche della famiglia.
La dignità umana è inderogabile e intoccabile
e c’è quindi necessità assoluta di responsabilità,
in senso economico, politico e sociale, e da
Operatrice del settore posso solo auspicare che si
arrivi ad attivare e coinvolgere tutta la collettività,
a formare la motivazione e la stessa percezione
diffusa dell’agire sociale, in un’epoca sempre più
bisognosa di “ecologia”: umana, sociale ed ambientale.